È ormai opinione condivisa che l’emergenza Covid abbia cambiato, oltre al modo di relazionarsi con le persone, di muoversi e di vivere le città, anche l’approccio al lavoro e il modo di lavorare, velocizzando le trasformazioni su cui erano da tempo in atto sperimentazioni. Una cosa è certa: niente sarà più come prima. Ma i cambiamenti innescati negli ultimi mesi hanno modificato anche il modo di fare formazione. Come sostiene Roberto Brambilla, direttore Formazione Postlaurea e Research Partnership dell’Università Cattolica, nel mondo della formazione continua, executive, manageriale il ritorno alla normalità vedrà l’emergere e l'affermarsi di modelli, approcci e strumenti diversi da quelli tradizionalmente utilizzati. E non stiamo parlando di mettere online quanto in tempi normali veniva realizzato in aula. La formazione del futuro non riguarda soltanto le piattaforme digitali, ma richiede necessariamente lo sviluppo di nuovi paradigmi, che più si adattano ai nuovi trend della vita sociale e lavorativa delle persone.
Che cosa può aiutare a cavalcare la grande onda del cambiamento senza farci travolgere? Da dove cominciare per costruire le competenze del futuro? C’è un valore sociale nella formazione? Roberto Brambilla intervista Marco Vergeat, Presidente Asfor, AD e Partner di Summit SRL.
Chi progetta formazione deve porre al centro la persona e deve domandarsi se la formazione genera i risultati attesi. Quali i fattori critici di successo per i programmi formativi executive? Calare la formazione nella realtà per generare apprendimento, qualificare le persone, sviluppandone le competenze e il pensiero critico, aumentando la consapevolezza verso i fini che generano valore, in altri termini avendo sempre come obiettivo la società che si vuole costruire.