Secondo gli ultimi dati Istat, le società partecipate pubbliche attive in Italia sono 4849, con più di 850.000 addetti; le società a controllo pubblico sono oltre tremila e coinvolgono 565.378 addetti.
A cinque anni dall'adozione del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, quali sono le prassi applicative e come affrontare i punti più critici di carattere normativo a giurisprudenziale?
Sono infatti numerose le implicazioni che impattano sulla governance, sulla gestione e sul funzionamento delle società a partecipazione pubblica, a partire, ad esempio, dalla nomina o revoca di amministratori e sindaci.
A chi spetta la giurisdizione in caso di controversie? Come devono comportarsi gli amministratori?
“Lo scorso ottobre 2020, la sentenza del T.A.R. Lombardia sugli atti di nomina e revoca degli amministratori di società in house ha dichiarato inammissibile – declinando la giurisdizione in favore del giudice ordinario – il ricorso proposto dal precedente amministratore e volto all’annullamento dell’atto del Sindaco di nomina del nuovo amministratore unico di una società di trasporto pubblico locale, interamente partecipata dal Comune. Il decreto di nomina impugnato è stato qualificato come l’esito di un procedimento interno all’ente locale finalizzato a formare correttamente la volontà negoziale del Comune, quale socio, in ordine alla scelta dell’amministratore unico, volontà che poi il Sindaco ha esternato nella sede assembleare” – spiega.
“Con questa sentenza (n. 2132 del 5 ottobre 2020), il T.A.R. per la Lombardia conferma il principio, già espresso a più riprese anche dalla Corte di Cassazione, secondo cui la società per azioni con partecipazione pubblica, pur quando costituita secondo il modello del cd. “in house providing”, non muta la sua natura di soggetto di diritto privato per il sol fatto che la pubblica amministrazione ne possegga – in tutto o in parte – le azioni. Di conseguenza, ritiene che le azioni concernenti la nomina o la revoca di amministratori e sindaci compiute ai sensi dell'art. 2449 c.c. spettino alla giurisdizione del giudice ordinario, e non di quello amministrativo, perché investono atti compiuti dall'ente pubblico "uti socius" e non "jure imperii", posti in essere "a valle" della scelta di fondo per l'impiego del modello societario”.
Ricorda inoltre il T.A.R. che ogni dubbio è stato ormai risolto in favore della giurisdizione ordinaria (art. 4, comma 13, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95) e confermato dal principio successivamente stabilito dal Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (art. 1, comma 3, d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175) a tenore del quale ‘per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato’.
La sentenza si pone in linea con l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo cui l’esistenza di poteri speciali attribuiti al socio pubblico (come quelli di cui all’art. 2449 c.c.) non rende inapplicabili le norme di diritto comune alle società con partecipazione pubblica e, dunque, non determina una deviazione dal modello tradizionale societario. In tale prospettiva, devono essere dunque inquadrati l’atto presupposto (la delibera dell’ente pubblico) sulla scelta e nomina dell’amministratore e la successiva delibera societaria di nomina.
Anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (3 giugno 2011, n. 10) ha evidenziato la necessità di distinguere tra gli atti ritenuti espressione di una potestà pubblicistica in quanto incidenti sull’organizzazione dell'ente (quali quelli di costituzione, modificazione ed estinzione della società) e gli atti societari compiuti “a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario”, per i quali resta fermo il modello privatistico.
Non manca chi ha sostenuto in dottrina che il potere di cui all’art. 2449 c.c. dovrebbe invece essere inquadrato in una matrice pubblicistica e dunque sindacato dal giudice amministrativo, sul presupposto che si tratterebbe di un “potere di nomina diretta ed extra-assembleare di matrice pubblicistica che, in deroga all’art. 2364 c.c., è destinato a produrre effetti indipendentemente dalla sua consacrazione all’interno di un atto di natura privatistica”.
A Milano, in Università Cattolica, dal 4 marzo 2022.