di Elena Vagni
FARE DA GUIDA: UN’ESPERIENZA SORPRENDENTE
Intervista a Gisella Corbetta, studentessa-guida di atletica leggera
Tanti sono gli studenti-atleti inseriti nel Programma Dual Career di cui Cattolicaper lo Sport ha raccontato e continua a raccontare storie. Delle proprie vittorie e sconfitte e di come hanno saputo superare momenti di sconforto e di difficoltà per arrivare a grandi soddisfazioni e progetti futuri. Oggi, invece, abbiamo intervistato chi lo sport lo vive aiutando a vincere chi le sta affianco. Gisella Corbetta, studentessa e guida, racconta la propria esperienza come guida, in una storia fatta di semplicità e passione.
Mi chiamo Corbetta Gisella e sono al terzo anno di Scienze Motorie in Università Cattolica e faccio da guida a Gaia, l’atleta che seguo e che è cieca da circa 10 anni.
Nella mia vita ho fatto diversi sport ma l’atletica è una passione frequentata da quando avevo 11 anni fino ai miei 16 quando ho dovuto abbandonarla per problemi fisici, ma nel mio cuore è sempre rimasta.
Un giorno di marzo sono andata al nostro Centro Sportivo Fenaroli e ho visto sulla bacheca degli avvisi una immagine di una ragazza cieca che cercava una guida. Ho scritto una mail per informarmi e poi ci siamo incontrati con lei e il papà. Non ero in imbarazzo, però non sapevo come presentarmi. Suo papà ha fatto da intermediario, poi me la ha data a braccetto e abbiamo iniziato a chiacchierare girando per la pista. Ho notato subito tanta difficoltà, la sentivo rigida, mentre quando correvamo si fidava.
Da quel giorno, vivo un’esperienza stupenda! Mi sto iniziando ad accorgere di quanto sia diverso fare atletica con una persona vicino. Correre da sola non è come correre con Gaia: essere in sintonia con una persona che non vede e si deve fidare di te è difficile! Sto scoprendo un nuovo mondo!
Gaia ha perso la vista a 15 anni, adesso ne ha 26 anni e viene da uno stop di due anni e nonostante questo siamo già riuscite a prendere l’oro nei 200m e un argento nei 100m agli italiani.
Io sono sempre stata una persona molto premurosa verso chi ho di fianco e questo mi avvantaggia, ma all’inizio soprattutto, è stato complicato capirci. Mi capitava di non prestare attenzione a quello che facevo, magari semplicemente mi staccavo da lei senza comunicarglielo sottovalutando ciò che posso fare io e lei no. A lei racconto quello che faccio, la accompagno con la voce per renderla partecipe di ciò che non può vedere e questo è stato un accorgimento importante anche se ancora a volte mi capita di dimenticarmene.
Durante gli allenamenti ci sono tante parti tecniche da allenare soprattutto nei 200m per imparare a gestire la pista in curva e bisogna ripeterle più e più volte. Ognuna di noi due ha la propria corsia che non può invadere con i piedi. Infatti nella gara dei 200m si parla molto di più che quella dei 100m; fino alla fine della curva mi cerca con il braccio e quando si può staccare da me all’inizio del rettileo le dico una frase o una parola per comunicarle che è finita e deve correre forte. Se vedo che va troppo esterna sulla curva, la conduco con gesti toccandole il braccio e guidandola con la voce.
Durante gli allenamenti c’è un allenatore che ci segue, ma purtroppo lo sport per chi ha disabilità è ancora più complicato rispetto che per gli altri. Anche per trovare qualcuno che faccia da guida o che ti alleni ci vuole tantissimo tempo e ci sono pochissime attenzioni a questi atleti.
A me piacerebbe rimanere in questo contesto anche nel mio futuro lavoro. Quando ho visto questo avviso ho pensato alla fortuna di averlo visto. Sto imparando tantissimo sia nel relazionarmi con lei, ma anche in generale sulle attenzioni e la cura dei dettagli. Già il fatto che l’università si sia preso in carico questa richiesta penso sia stato importante altrimenti non ci avrei mai pensato e mi sarei persa una occasione.
L’atletica per Gaia è uno svago, per me è una passione. A lei non interessa ad ora partecipare a grandi competizioni, ma penso che potremmo puntare in alto. Inizieremo anche a gareggiare all’estero; mi piacerebbe provare a proporle un risultato più alto di quello che ora stiamo puntando, è molto brava!
Studiare scienze motorie, mi fa venire il desiderio di approfondire le materie di studio. L’educazione che dà la nostra università anche per la magistrale orientata alla disabilità e all’esercizio adattato, ha dentro una cura e una attenzione alla persona. Le persone spesso non pensano che potrebbero dare una mano.
Un episodio particolare…
Quando abbiamo terminato gli italiani, volevano dare le medaglie solo agli atleti, ma il papà di Gaia è intervenuto dicendo che era importante consegnarla anche a me come a tutte le guide senza le quali gli atleti non avrebbero potuto gareggiare. È stato un riconoscimento semplice, ma mi ha fatto piacere lo abbia detto, poteva fare finta di nulla...
È un’esperienza che mi porterò nel cuore e spero di poterla continuare per lungo tempo!