Mauro Bellugi ha vestito 32 volte la maglia della Nazionale. Quella che ha amato di più, tra i club, è dell’Inter. Cresciuto nelle giovanili nerazzurre, Bellugi arrivò in prima squadra a 19 anni. Con l’Inter andò a segno in un’unica, storica occasione: gli ottavi di Coppa dei Campioni del 1971, contro il Borussia Monchengladbach. Nel 1974 andò a Bologna, dove in campionato ha indossato la maglia rossoblù 91 volte. Poi il Napoli, per finire la carriera alla Pistoiese, a 130 chilometri da Buonconvento, il paese sulla Cassia dove era nato.
Ricoverato dopo essere risultato positivo al coronavirus, a novembre 2020 Bellugi ha dovuto subire l'amputazione di entrambe le gambe in seguito al peggioramento di patologie pregresse. "Il Covid mi ha tolto anche la gamba con cui feci gol al Borussia", aveva raccontato l'ex difensore senza perdere l’ironia nemmeno in quella occasione: "Prenderò quelle di Pistorius”. Ci ha lasciato il 20 febbraio, all'ospedale di Niguarda, in seguito a un’infezione.
Abbiamo chiesto un ricordo aGiorgio Simonelli, che lo aveva conosciuto.
Il ricordo di Giorgio Simonelli
Forse gli amici e i colleghi penseranno che quello che vado a raccontare sia un po’ una fanfaronata. Invece, come direbbe il grande Enzo Jannancci: quel che son dre cuntav l’è una storia vera: ho sfidato Mauro Bellugi su un campo di calcio. È successo tanti anni fa che non saprei nemmeno più collocarlo in una data precisa.
Era la fine degli anni Ottanta o inizio Novanta. È successo nella mia città, nel mitico stadio della Pro Vercelli che allora si chiamava ancora Leonida Robbiano e che qualche tempo dopo avrebbe scelto l’intitolazione a Silvio Piola. L’emittente radiofonica locale, Radio city, una delle prime radio libere italiane, aveva organizzato una partita a scopo benefico tra una squadra di giornalisti vercellesi (in senso lato) e una composita compagine di personaggi televisivi: c’era la banda di Drive in, con Greggio e Vastano e c’erano i commentatori della domenica pomeriggio calcistica sulle reti private, tra cui Bellugi.
Non ricordo come fu che nel turbillon di sostituzioni e cambi di ruolo del secondo tempo, a un certo punto mi trovai schierato come attaccante della squadra dei giornalisti. Il portiere avversario da una rimessa dal fondo affidò la palla a Bellugi e allora mi venne un’idea: vado in pressing su di lui ai limiti della sua area, quando mai mi capiterà di fare un takle, magari vincente, con uno stopper della Nazionale.
Mentre io pensavo tutto ciò, Bellugi, palla al piede, era già nella nostra metà campo. Mentre mi superava con irrisoria facilità vidi il suo sguardo, non di derisione ma divertito. Era lo stesso sguardo con cui si divertiva a sparare le sue considerazioni non proprio politicamente corrette nelle turbolente trasmissioni domenicali o a fare altre imprese.
Recentemente un amico, Andrea Pellizzari, che ha avuto la fortuna di accompagnare le serate in osteria di Gianni Mura e di raccogliere le centinaia di aneddoti sui calciatori del passato me ne ha raccontato uno. Quando era giovane nell’Inter degli anni '70 Bellugi, in combutta con Ivano Bordon, la sera fuggiva dal ritiro per frequentare altre compagnie. Per evitare che i cani da guardia del centro sportivo segnalassero abbaiando la loro uscita, portava con sé delle bistecche di filetto che elargiva agli animali.
Anche in quelle occasioni credo avesse lo stesso sguardo di divertita soddisfazione. E credo che nello stesso modo, con lo stesso spirito, abbia anche affrontato il suo ultimo avversario che purtroppo non è riuscito a dribblare.
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