“Perché in America la comunicazione è così libera che viene concesso agli atleti di parlare male di altri colleghi e qui in Italia no?”
Così Emanuele Corazzi - docente del Master Comunicare lo Sport e direttore di Cronache di Spogliatoio - apre al dibattito che coinvolge, tra i tanti ospiti, maestri della comunicazione social come Cronache diSpogliatoio e di Basket. La testata giornalistica che nell’era social, genera contenuti per oltre un milione e mezzo di followers su Instagram.
L’evento, organizzato e fortemente voluto dalla Direttrice Didattica del Master Comunicare lo Sport, la professoressa Paola Abbiezzi, è un botta e risposta tra calcio e basket, tra lo sport americano e quello italiano. Per rispondere alla domanda provocatoria posta da Corazzi, prende subito il microfono Marco Parolo, ex calciatore ora commentatore Dazn, che racconta della sua esperienza da giocatore di calcio e attuale giornalista. Descrive il ruolo degli addetti stampa delle squadre e dei messaggi veicolati con “poca libertà di espressione”! La differenza è subito netta. Gigi Datome che, dagiocatore NBA, ha sperimentato il basket americano nei Detroit Pistons e nei Boston Celtic parla di quanto la comunicazione oltreoceano, sia necessariamente differente da quella italiana: “In America i giornalisti fanno parte della vita degli atleti quotidianamente, non si può non entrarci in rapporto”. In Italia Datome ha militato, oltre che in nazionale maggiore, nel Fenerbahce e nell’Olimpia - di cui attualmente è Ambassador - e cita il podcast creato con Nicolò Melli (insieme in nazionale, Olimpia e Fenerbahce). Nel contenuto tanti gli aneddoti, i racconti e le battute che creano un legame invisibile con gli ascoltatori. Il podcast ha suscitato grande interesse e un nuovo attaccamento alla maglia azzurra: “Per i giovani è un rischio fare un contenuto così impegnativo, per me che ero a fine carriera lo era meno.”
Anche Alessandro Mamoli, telecronista sky sport NBA, esprime la sua opinione. Parla delle competizioni NBA e della sua esperienza alle Finals e alla Regular Season, come abbia intervistato a tu per tu giocatori della massima serie cestistica che attrae 25 milioni di spettatori e appassionati solo negli Stati Uniti (Fonte: “Confronta quote”; 2021).
Grazie al “next question” la domanda viene scartata e l’intervista può terminare con una battuta o con una interruzione da parte dell’atleta per abbandonare la postazione. La differenza del prodotto comunicativo italiano e americano è espressa a partire dal rapporto con gli atleti, fatto di fiducia reciproca e stima che un giornalista deve guadagnarsi negli anni. Cita le Finals come esempio virtuoso: l’inviato chiede all’addetto stampa della franchigia il giocatore desiderato. Un one to one con l’atleta, un motivo di fiducia da sfruttare per il lavoro. Gianluca Fraula, fondatore di Cronache di Basket, racconta del mondo NBA attraverso l’espansione su larga scala della comunicazione social. “L’NBA”, dice, “vuole espandere la comunicazione in tutti i continenti, dà una spinta forte perchè tutti possano sapere, vedere, conoscere e appassionarsi”. Grandi differenze con il mondo europeo e italiano che faticano ancora a trovare spazio tra i giovani. La parola “culturale” rappresenta un filo rosso che accompagna l’intero evento e che viene evidenziata nelle domande degli studenti e dei docenti come chiave di osservazione del mondo sportivo della comunicazione. Federica Costa, avvocato, tiene insieme questo filo, nella materia del diritto. Analizza le differenze in termini di rischi legati all’atleta degli sport individuali e li confronta con coloro che vivono nel contesto squadra. Evidenzia le diversità culturali comunicative a partire dalla costituzione stessa.
Nella legge americana, il primo emendamento cita il concetto di libertà di parola. In Italia, invece, bisogna aspettare il 21° articolo della costituzione per trovare lo stesso contenuto. Rispondendo a una domanda conclusiva della professoressa Abbiezzi, Corazzi esprime il valore del mondo social delle squadre professionistiche. Una comunicazione estesa all’intero mondo, una rivoluzione dell’immagine di un club o di un atleta.
Un dialogo serrato quello nell’aula sant’Agostino, destinato a non esaurirsi; nuovi spunti di riflessioni e nuove visioni per un panorama ancora da esplorare. Allora l’affermazione dal pubblico di una giornalista “la lingua è amica, c’è sempre modo di fare le domande” rimane una provocazione aperta. “È stato bello tornare in questa aula dieci anni dopo un altro incontro organizzato con Hernan Crespo e Leo Di Bello, ideato con Massimo Corcione” conclude Paola Abbiezzi prima di consegnare i diplomi agli studenti della sesta edizione del Master.
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