«Quando ho iniziato, accanto allo spogliatoio della squadra c’era il calzolaio. Oggi c’è lo psicologo, o il nutrizionista». In dieci secondi di Beppe Marotta c’è tutta la complessità di un mondo. Quello del calcio, o dello sport più in generale. Ma è il calcio che ha riempito la sua vita, fin da bambino: da quando, a dieci anni, dava una mano nello spogliatoio del Varese, fino a diventarne responsabile del settore giovanile neanche ventenne. «Faccio questo lavoro da 45 anni e ho assistito a un grande cambiamento», racconta Marotta, dal 2018 amministratore delegato dell’Inter.
«Prima il calcio era più romantico. Se scorrete l’organigramma di una qualsiasi squadra di calcio di Serie A degli anni ’60, ’70, ’80, troverete il presidente, il segretario, l’allenatore. Oggi ci vogliono due pagine per elencare tutta la struttura organizzativa». Il calzolaio non c’è più da tempo. L’ex amministratore delegato di Sampdoria e Juventus, però, ricorda bene i tempi in cui gli scarpini avevano tacchetti fissi sotto la suola di cuoio, e l’innovazione tecnologica che rappresentarono i tacchetti svitabili. «La tecnologia porta con sé spazi nuovi, profili nuovi», spiega Marotta. «Pensate al fatto che le società oggi sono media company. O all’importanza che ha assunto la match analysis: considerando tutta la filiera, l’Inter ha 25 persone che si occupano di questo. Il bravo manager deve saper cambiare, adeguarsi al cambiamento, andare alla ricerca della competenza specifica. Questa, unita all’esperienza, porta a un binomio vincente».
Davanti a lui, nell’aula più grande della sede di via Nirone dell’Università Cattolica, gli studenti che partecipano al progetto “Dream Jobs: vivo lo Sport, sogno una professione” non perdono un parola. Il progetto, ideato e promosso da Sport Innovation Hub, valorizza il pensiero creativo e la passione dei più giovani per lo sport permettendo a tante ragazze e ragazzi delle scuole superiori di acquisire conoscenze e competenze utili per inserirsi con successo nel mondo del lavoro, o per agevolare il loro percorso di studi. Così i giovani si confrontano con dirigenti, atleti, imprenditori, allenatori, startupper e referenti scientifici che operano nell' eco-sistema sportivo, per immergersi in una ricca esperienza di visioni su prodotti e servizi innovativi che ruotano attorno allo sport.
«Abbiamo voluto ospitare questo evento perché ci interessa essere direttamente coinvolti nelle iniziative di orientamento dei giovani verso il mondo professionale», spiega Emanuela Confalonieri, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione, direttore dell’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli dell’Università Cattolica (ASAG) e del Centro di Ricerche sull'Orientamento e lo Sviluppo Socio-professionale (CROSS). «Dream Jobs lo fa in modo innovativo: innanzitutto, chiede ai giovani di guardare ad un ambito professionale insolito. Lo sport è infatti spesso visto come luogo o contesto a cui dedicare il tempo libero, mentre il portato professionalizzante è meno valorizzato. In secondo luogo, i giovani delle scuole secondarie di secondo grado sono coinvolti nel progetto con metodologie attive, che ne favoriscono la proattività promuovendo sia la dimensione tra pari sia l'incontro con esperti del settore».
Grazie alla campagna di crowdfunding lanciata da Sport Innovation Hub sulla piattaforma For Funding di Intesa San Paolo, il progetto ha preso vita raccogliendo oltre 140mila euro e coinvolgendo una ventina di scuole. «Pensiamo che molti giovani abbiano difficoltà a intraprendere una strada di successo nel contesto scolastico, ritrovandosi così in condizioni professionali precarie», racconta Marta Serrano, presidente di Sport Innovation Hub. «Per questo abbiamo immaginato un progetto nazionale di innovazione culturale, che utilizza lo sport come strumento per migliorare il coinvolgimento dei giovani nei processi di apprendimento e delle relazioni sociali, con particolare attenzione all’ambiente e alle tecnologie avanzate».
Tra i tanti ospiti, l’e-gamer Wesley Caicedo, la team manager dell’Allianz Geas Basket Sandra Palombarini e lo schermidore Francesco Curatolo, alumnus dell’ateneo nel programma Dual Career, che ha testimoniato l’importanza di un percorso da studente-atleta per la costruzione del proprio sogno professionale. «Ci vuole costanza, dedizione ma anche essere capaci di non spaventarsi per i momenti di down», dice Marco Riva, presidente del Comitato regionale del Coni Lombardia. «Anche quando non si riesce a perseguire i risultati, bisogna continuare a profondere passione, con competenza e dedizione».
Durante l’evento gli studenti dei licei e degli istituti tecnici hanno presentato le loro idee di fronte a una platea a cui hanno presenziato anche rappresentanti di alcune fondazioni, interessati a concretizzare idee sportive con soluzioni vicine al mondo aziendale in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030. Successivamente, gli studenti universitari del Master in Sport e Intervento Psicosociale dell’Asag, coordinato dalla professoressa Chiara D’Angelo, hanno interagito con loro come critical friends nella revisione dei loro lavori. Una catena di idee e valori che parte dalle nuove generazioni. Spunti, i loro, estremamente utili per lo sviluppo di impresa nel settore sportivo, soprattutto una visione rivoluzionaria che li rende veri change-makers dell'industria sportiva. I primi venti gruppi classificati avranno diritto a partecipare allo Sport Innovation Growth Camp, che si svolgerà dal 19 al 23 giugno presso il Villaggio olimpico di Bardonecchia. Per continuare a sognare di trasformare la passione in una professione, come quando accanto allo spogliatoio della squadra c’era un calzolaio.
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