L’aula G.253 è già piena. Gli studenti del Master Comunicare lo sport la stanno aspettando. Marta Pagnini entra all’Università Cattolica dalla porta principale, quella di largo Gemelli. Percorre i chiostri con passo rapido e deciso. In effetti, Marta conosce bene quei chiostri. Si è laureata meno di un anno fa con il massimo dei voti in Scienze linguistiche per le relazioni internazionali. Nonostante la giovane età, la laurea non è il primo traguardo importante che Marta ha raggiunto. È arrivata dopo una medaglia di bronzo alle Olimpiadi, quelle di Londra 2012, e l’onoreficenza di Cavaliere al merito della Repubblica. Mica male.
Dalla prima palestra di ginnastica ritmica a capitano delle Farfalle
«Sono stati due momenti magici – racconta –, un onore grandissimo. Far parte degli atleti azzurri che hanno vinto una medaglia alle Olimpiadi significa entrare in una famiglia, ne vado davvero orgogliosa. Quando il presidente Malagò mi ha premiato insieme ad Andreea Stefanescu (sua compagna di squadra, altro bronzo alle Olimpiadi di Londra, ndr), ho pensato a tutte le persone che hanno contribuito a questo mio successo. E sono tante». Alla fine del 2012, Marta diventa capitano della Nazionale di ginnastica ritmica. Eppure il suo avvicinamento a questo sport, alla Ginnastica Etruria - la società che fu la casa di Juri Chechi - è stato piuttosto tardivo. «Ho iniziato a 8 anni. Solitamente chi inizia a praticare ginnastica ritmica lo fa molto prima. Io sono rimasta a Prato - la mia città di provenienza - fino a 14 anni, poi mi sono trasferita ad Arezzo, dove avevo la possibilità di allenarmi due volte al giorno. A 16 anni sono entrata nella Scuola nazionale e mi sono trasferita a Desio».
L'addio alle competizioni
Nelle palestre della Brianza, Marta ha trascorso 9 anni. «Sono stati anni bellissimi, difficili e faticosi. Le vittorie sono arrivate, ma non subito. Ho iniziato a gareggiare con la Nazionale a 19 anni e a 21 ne sono diventata il capitano, dopo le Olimpiadi di Londra». Avere un buon rapporto con il tempo che scorre veloce è una qualità importante per qualsiasi atleta. A maggior ragione, lo è per una ginnasta, la cui carriera finisce prestissimo. «Io mi sono ritirata a 25 anni, un’età molto avanzata per nel mondo della ginnastica. Dopo le Olimpiadi di Rio, il mio addio alle gare era quasi scontato. Avevo già iniziato a frequentare l’Università e sapevo di voler portare a termine questo impegno: è sempre stata una grande certezza».
Perché l'Università Cattolica
Marta sceglie l’Università Cattolica, e considerando la sua grande passione per le lingue si iscrive a Scienze linguistiche e letterature straniere. «Ho imparato il russo tramite la mia insegnante di ginnastica, l’inglese durante i numerosi viaggi all’estero. Volevo fare l’Università, e avevo bisogno di far coesistere il mio percorso universitario con nove ore di allenamento al giorno». Come ricorda in Fai tutto bene - il libro che ha scritto insieme alla giornalista Ilaria Brugnotti -, «nulla è facile, anche per noi che abbiamo vinto tanto». Già, perché la squadra nazionale di ginnastica ritmica si allena nove ore al giorno, sei giorni su sette, undici mesi all’anno.
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La seconda squadra di Marta
«In Cattolica ho incontrato alcune mie compagne di squadra. La maggior parte di loro, ha scelto un percorso più orientato verso le discipline sportive (come Camilla Patriarca ed Elisabetta Preziosa, ndr), io ho preferito Lingue. Apparentemente, non c’entra assolutamente nulla con il mondo dello sport e con la ginnastica ritmica, ma sono sempre stata un po' fuori dal coro: mi piace esplorare, assaporare mondi diversi. E poi in Cattolica ho incontrato delle persone meravigliose, i miei compagni di corso, che erano più piccoli di me e mi hanno dato una grande mano. È stato come trovare un’altra squadra».
L'importanza dello sport
Oggi Marta è un giudice internazionale di ginnastica ritmica e si occupa di comunicazione. «Non so dove mi porterà la carriera di giudice, mi piace e mi consente di stare vicina alle Farfalle, al mondo della ginnastica. Con la mia squadra abbiamo vinto tanto: la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra, ma anche la medaglia d’oro a Montpellier nel 2011 e i 6 argenti conquistati con le mie compagne nel campionato del mondo rimarranno un ricordo indelebile. In totale, sono più di 60 medaglie internazionali. Davvero non riuscirei a fare una classifica delle più belle. Lo sport mi ha aiutato tanto: ho imparato a organizzarmi bene, ad ottimizzare i tempi morti, a sacrificarmi per un grande obiettivo. E tutto ciò mi è servito anche tra i banchi della Cattolica. È stata un’esperienza davvero dura, ma alla fine… che soddisfazione. È stata come un’Olimpiade».
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