di Francesco Berlucchi
Il sorriso non l’abbandona mai. Neanche quando parla di quel trauma cranico che le ha cambiato la vita quando aveva solo dieci anni, a seguito del quale la parte destra del suo corpo è rimasta paralizzata. Non smette di sorridere nemmeno quando racconta degli episodi di bullismo che ha subito a scuola ed esplode, quel sorriso, quando il suo racconto si sofferma su quello sport che ha trasformato, per la seconda volta, la sua vita.
Francesca Cipelli ha 24 anni, è cresciuta a Venezia ed è una paratleta specializzata nel salto in lungo. Alle Paralimpiadi di Tokyo, che sono iniziate il 24 agosto, rappresenta l’Italia e l’Università Cattolica. «Il salto il lungo è una disciplina molto tecnica - spiega -. L'amore non nasce immediato, ma è una passione che cresce con costanza e dedizione. C’è una rincorsa molto breve, nella quale ogni passo è necessario per effettuare al meglio la fase di volo. Metaforicamente ti fa capire l’importanza di ogni piccolo passo, come nella vita, perché tutto è fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo. Per questo considero il salto in lungo una bellissima metafora della vita».
Dopo l’incidente e la conseguente cerebrolesione emiparesi spastica destra, e dopo anni di riabilitazione nei centri specializzati, ecco l’incontro decisivo. «Ci siamo rivolti a una fisioterapista russa, Natalia Marcenco, con la quale per qualche tempo ho fatto ginnastica curativa insieme a delle simpatiche vecchiette (sorride, ndr). Ma a 14 anni hai bisogno di confrontarti con i tuoi pari. Ed è così che lei, che era una marciatrice piuttosto forte, accortasi di questo mi ha inserito nel suo gruppo di atletica. È iniziato tutto grazie a lei».
Un anno e mezzo dopo, nel marzo del 2013, l’ingresso nel mondo delle competizioni. «A gennaio la mia fisioterapista mi ha detto: “Guarda che farai la tua prima gara ai campionati italiani”. L’ho guardata perplessa, ma poi mi sono accorta della bellezza di questo mondo. Siamo in pochi, ma molto uniti. In pista c’è rivalità, ma appena finita la gara senti un senso di fratellanza che mi ha salvato dal bullismo che stavo vivendo alle scuole superiori. I ragazzi ti vedono diversa e non capiscono che la diversità può essere un valore aggiunto. È stato questo che l’atletica mi ha fatto scoprire, e ho capito che volevo migliorare sempre di più per rimanere dentro a quel mondo».
L’ingresso nel mondo paralimpico arriva all'età di 16 anni. Non senza difficoltà. «Nel 2015 ho vestito per la mia prima volta l’azzurro ai campionati del mondo giovanili in Olanda. L’anno seguente ho partecipato agli Europei assoluti a Grosseto. Puntavo molto sui mondiali di Londra nel 2017. Ero settima nel ranking mondiale, ma sono stata lasciata a casa. In quel momento ho percepito quanto tenessi davvero all’atletica e quanto volessi lottare per raggiungere traguardi più importanti. Ma è stata tosta; fino a fine anno non riuscivo nemmeno a parlare di quei mondiali mancati».
Francesca sorride, ancora una volta. «Mi sono riscattata agli Europei di Berlino, quando sono arrivata a 2 cm dal bronzo. E poi nel 2019, raggiungendo il mio primo mondiale. A Dubai sono arrivata in finale, e ho chiuso ottava». Il sogno più grande, però, solo le Paralimpiadi di Tokyo, nelle quali la saltatrice in lungo veneziana si presenta con il record italiano appena conquistato al meeting internazionale Fidal omologato Fispes di Celle Ligure. «Questi ultimi sei mesi non sono stati per nulla facili. Dopo il posticipo delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi, mi ero allenata piuttosto bene. Ma all’inizio di quest’anno un infortunio mi ha tenuta ferma fino a inizio giugno. Ci abbiamo messo un po’ a riconoscerlo, perché è capitato proprio dove avevo un dolore cronico. Nel frattempo, però, è stata sviluppata un’ortesi diversa, unica nel suo genere e fatta apposta per me. Grazie al Centro protesi Inail e alla collaborazione del Cip, questa ortesi mi ha permesso di recuperare più in fretta perché non sollecita la zona dove impattava l’infortunio. E con essa ho conquistato il record italiano, 4.12 m».
Biglietto da visita migliore non c’è, proprio quando Francesca sta per ricevere un altro biglietto, quello per Tokyo. «È il segno che ho recuperato la forma, ma anche che quest’anno ha ancora qualcosa in serbo per me. Non mi sono mai fermata, tra terapie in acqua e in palestra, e gli sforzi profusi stanno pagando. Tokyo è il mio obiettivo più grande, sono molto fiera di non essermi mai arresa».
Gettare la spugna, del resto, non è nel suo Dna. Glielo ha insegnato il salto in lungo. «A 16 anni, quando i miei compagni di classe iniziavano a esplorare il mondo fatto di amici, fidanzate, divertimento, io non avevo un solo amico, subivo scherzi e bullismo verbale, fisico e psicologico. L’atletica mi ha svoltato totalmente la vita, perché mentre a scuola ero una specie di rifiuto, lo sport mi ha fatto capire che la diversità è bella e va valorizzata, che ognuno di noi ha un valore. E poi mi ha donato l’autoironia. Saper ridere dei propri limiti è stato davvero life-changing».
Laureata in Scienze dell’Educazione, Francesca sta frequentando la magistrale in Media education. «Ho scelto la Cattolica perché offriva un percorso diverso, unico. L’anno scorso, quando è sfumata la possibilità di fare le Paralimpiadi nel 2020, mi sono subito chiesta cosa fare. Gli allenamenti impegnavano troppo tempo per conciliare allenamento e lavoro, così ho deciso di proseguire gli studi scegliendo un corso di laurea attualissimo. Il mondo digitale è ormai parte della vita di tutti noi. La pandemia ci ha spronato a utilizzare la tecnologia e i media digitali anche nell’educazione e in Cattolica ho trovato il percorso universitario perfetto».
Qui, in Cattolica, Francesca è subito entrata nel programma Dual Career che supporta gli studenti-atleti. «Ho scoperto il percorso Dual Career atterrando sul sito Cattolicaper lo Sport, dove ho trovato moltissimi articoli interessanti. Per me questa iniziativa è una chance importantissima, in questo modo siamo spronati a dare il massimo sia nello sport sia nello studio. Seguire entrambi i sogni, oggi è sempre più complicato, quindi sono davvero grata alla mia Università». E l’Università Cattolica, dal 24 agosto, tifa per Francesca. Che pure il suo salto più difficile l’ha già compiuto. Con il sorriso.
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